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Apollo uccide Pitone – Metamorfosi di Ovidio – Libro I, Tavola 13 – Hendrick Goltzius (1558–1617)

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Incisione manierista di grande raffinatezza, parte della serie dedicata alle Metamorfosi di Ovidio. La scena, ricca di pathos e simbolismo, evidenzia la maestria di Goltzius nel tradurre la narrazione mitologica in immagini di forte impatto visivo. L’opera è un esempio emblematico dell’arte incisoria olandese del tardo XVI secolo.​

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Apollo uccide il serpente Pitone

SerieMetamorfosi di Ovidio – Libro I, Tavola 13
Disegnatore: Hendrick Goltzius (1558–1617)
Incisore: Attribuito a Jacob Matham (1571–1631)
Data: Circa 1590
Tecnica: Incisione su rame su carta vergata filigrana visibile
Dimensioni: Foglio: ca cm. 29,5 × 26,5 Impronta lastra ca cm. 17,8 x 25,4
Collezioni: National Gallery of Art, Washington D.C.- British Museum, Londra

Descrizione della scena

La tavola raffigura il dio Apollo nell’atto di trafiggere con le sue frecce il mostruoso serpente Pitone, qui raffigurato con un corpo nodoso, muscoloso e contorto, simile a un enorme drago dalla testa minacciosa. Le frecce scoccate dal dio lo hanno già trafitto in più punti. Apollo, fiero e nudo, tende l’arco con grazia e precisione divina, nel paesaggio montuoso che richiama le antiche terre della Grecia centrale.

Il mito di Apollo e Pitone

Secondo Ovidio (Metamorfosi, Libro I), il serpente Pitone era una creatura generata da Gaia, la Terra, per vendicarsi di Apollo, o secondo altre versioni, un mostro che infestava la regione di Delfi. Il dio lo affrontò con arco e frecce, uccidendolo dopo un lungo combattimento e fondando in suo onore i giochi pitici. Il gesto simboleggia la vittoria della razionalità solare (Apollo) sulle forze oscure e primordiali.

Lettura iconografica

La composizione bilancia dinamismo e simmetria. Il contrasto tra la calma virile di Apollo e l’agitazione rabbiosa del serpente esalta la superiorità divina. Il paesaggio in secondo piano, con città e monti, sottolinea la conquista culturale e simbolica di Apollo sulla natura indomita. La maestria grafica è testimoniata dalle linee incrociate che costruiscono volume e luce, esaltando la plastica tridimensionalità delle figure.

Goltzius e Matham

Hendrick Goltzius, raffinato interprete del mito classico, riesce qui a combinare l’eredità michelangiolesca (nei corpi vigorosi) con il naturalismo nordico. Jacob Matham, suo figliastro e collaboratore fidato, traduce in incisione questi disegni con grande fedeltà e perizia, conservando l’energia espressiva del tratto e la tensione narrativa della scena.

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