L’argute et facete lettere di M. Cesare Rao d’Alessano Città della Leucadia.

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La presente edizione alquanto scorretta tipograficamente, è l’unica che come ci racconta, Nicola Vacca ha una caratteristica interessantissima che nel tempo ha contribuito a renderla particolarmente rara e ricercata,  in quanto sul frontespizio, al posto che di solito nelle edizioni cinquecentine è occupato dalla marca editoriale, reca un ritratto che noi crediamo sia quello ci Cesare Rao. La figura di un uomo che mentre legge, medita, ci fa pensare appunto al nostro filosofo.

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Rao Cesare

L’argute et facete lettere di M. Cesare Rao d’Alessano Città della Leucadia. Nelle quali si contengono molti leggiadri Motti & solazzevoli Discorsi. Di nuovo Ristampate con l’Aggionta d’alcune altre Lettere bellissime, non piu’ vedute

In Vicenza Appresso gli Heredi di Perin Libraro 1596

Dimensioni cm. 9,5 x 14,5, carte (4) + 115 + (1b), elegante antico timbro ex-libris in rosso al frontespizio. Legatura seicentesca in piena pelle con titolo e dorature al dorso, lo stato della legatura porta qualche segno del tempo, un piccolo restauro “conservativo” al frontespizio sulla “C” di FACETE, le carte sono sane e senza fioriture, qualche pagina risulta un poco troppo rifilata al margine alto, trattasi di buona e genuina copia.

La presente edizione è la ristampa ampliata della prima edizione del 1562 edita in Brescia presso Lizzola e stampata a Vicenza del 1596 a cura degli Heredi del Perin, questa edizione alquanto scorretta tipograficamente, è l’unica che come ci racconta, Nicola Vacca (Cesare Rao da Alessano detto ‘Valocerca’, in Archivio storico pugliese, 1948), ha però una caratteristica interessantissima che nel tempo ha contribuito a renderla particolarmente rara e ricercata,  in quanto sul frontespizio, al posto che di solito nelle edizioni cinquecentine è occupato dalla marca editoriale, reca un ritratto che noi crediamo sia quello ci Cesare Rao. La figura di un uomo che mentre legge, medita, ci fa pensare appunto al nostro filosofo. Né si può opinare che sia una marca tipografica, o ex-libris, dell’editore, che quasi sempre si presta con qualche fregio o figurazione allegorica. Né d’altra parte, si può pensare ad una generica figura di filosofo: in questo caso siamo nel Rinascimento, per quanto tardo, sarebbe stato rappresentato dalla figura di un filosofo della antichità classica, mentre noi vediamo un uomo cogitabondo in costume del Cinquecento e con lunga barba, com’era l’uso del tempo.

Le lettere di Rao sono una riscrittura mediante il “riuso” di altri testi fra i quali quelli di Anton Francesco Doni, Giulio Landi, Ortensio Lando, “la bizzarria” è l’elemento di fondo che accomuna le lettere di Rao, se stilisticamente esse si caratterizzano per l’affastellarsi di elenchi ipertrofici sul piano dell’inventio si connotano per la predilezione di argomenti stravaganti.

La prima lettera è inviata all’Imperador de Matti, così come la seguente in cui svolto il tema generale della pazzia del mondo, due lettere contengono ricette contro la sterilità, poi compaiono le lodi dell’ignoranza e dell’Asino, una lode della poltroneria, un lamento funebre “sopra la morte di un pidocchio”, cose da leggere a digiuno.

Cesare Rao nasce ad Alessano, in Terra d’Otranto, nel 1532. Egli è autore di un Sollazzevol convito (1561), testo nel quale affronta temi tipici del neoplatonismo ficiniano e della “filosofia dell’amore”; delle Argute, e facete lettere (1562), opera letteraria che conosce un notevole e duraturo successo editoriale; di uno scritto intitolato De Eloquentiae laudibus (1577); di due testi a carattere fisico-meteorologico, Dell’origine de’ Monti (1577) e Meteori (1581-82); nonché di un ponderoso volume di Invettive, orationi et discorsi (1587), summa delle sue idee scientifiche ed etico-morali.

Egli lascia la casa paterna all’età di diciotto anni, quando decide di recarsi a studiare nell’università di Napoli. Un anno dopo si dirige alla volta di Pisa, attratto anche dalla fama del celebre professore aristotelico Simone Porzio. A Pisa, Rao termina il secondo anno dei suoi studi, ma a causa di una feroce guerra in atto in quei territori è costretto a trasferirsi a Pavia, dove giunge nel 1553 e dove, tra l’altro, stringe amicizia con Cristoforo Rovelli e con Girolamo Rainoldo. In questa città, Rao comincia con ogni probabilità a scrivere le sue prime opere. Dopo qualche tempo, egli torna ad Alessano. Qui trascorre alcuni anni tra il 1553 e il 1560. Si addottora in Arti, presso l’Università di Bologna, il 10 settembre dell’anno 1556. In anni imprecisabili, ma certamente prima del 1562, egli data alcune lettere da Roma, da Firenze, da Genova, da Bologna, da Milano, da Pavia, da Ferrara e da Mantova. Nel 1562, è per un breve periodo a Lucca mentre, l’anno successivo, è a Venezia. Per un decennio, non si hanno notizie circa la sua dimora. Nel 1573, risiede a Pavia dove probabilmente è membro dell’Accademia degli Illustratori, presso la quale legge o fa leggere una sua Oratione in lode della Filosofia. Il ritorno definitivo nella città natia avviene dopo il 1573. Ad Alessano, Rao vive fino alla sua morte, avvenuta probabilmente nel 1588.

Contributo alle scienze naturali in Napoli

Nel 1577, Rao dà alle stampe a Napoli, per i tipi di Salviani, Dell’Origine de’ Monti. Qui l’autore, attraverso una ricognizione della non vasta letteratura sull’argomento, fornisce una risposta alla questione concernente l’origine dei monti. Le sue fonti principali sono Aristotele, Teofrasto e Alberto Magno: autori che ritroveremo citati anche nell’opera successiva, i Meteori, pubblicata a Venezia nel 1581-1582. In questo testo, nel tentativo di raccogliere tutto «quanto intorno a tal materia si può desiderare», il filosofo fa grande uso anche di Alessandro d’Afrodisia, di Averroè e, soprattutto, di Tolomeo: fonte, quest’ultima, attraverso la quale corregge, in alcuni punti, la cosmologia aristotelica. A questi autori, Rao affianca l’autorità del fisico campano, suo contemporaneo, Giovan Camillo Maffei, autore di una Scala naturale in lingua volgare italiana. Nonostante Rao dichiari esplicitamente la sua dipendenza da Maffei, egli ne piega gli esiti in una direzione maggiormente incline al sapere astrologico ed empirico. In questo, più che di Maffei, Rao si fa seguace del conterraneo Francesco Storella, professore di logica a Napoli, rievocato da Rao nel Sollazevol Convito e nelle Argute e facete lettere.

Il trattato Dell’Origine de’ Monti è composto da due parti. La prima, di carattere letterario, consta di 13 folia recto/verso non numerati ed è costituita da una epistola dedicatoria a Scipione de’ Monti, marchese di Corigliano d’Otranto, dalla risposta del marchese all’autore, nonché da sei brevi componimenti poetici. La seconda parte costituisce la trattazione vera e propria e consta di 21 folia recto/verso numerati.
Partendo dalla lezione dei Meteorologica di Aristotele, Rao prospetta un’interpretazione fisico-astrologica del mondo sublunare aperta alle istanze della meteorologia di Al-kindi. Il mondo materiale è regolato dall’influenza del cielo, che agisce sugli elementi. Anche l’origine dei monti è sottoposta, in varie forme, all’influenza delle stelle.
Questa, in sintesi, la soluzione proposta da Rao. Alcuni monti sono stati fatti da Dio al tempo della creazione; altri, invece, sono stati «causati» in vari tempi dai terremoti, dai diluvi, per l’influenza delle stelle, «del sole specialmente», per la forza dei venti, nonché per la mescolanza degli elementi unitamente alla virtù minerale; altri, infine, sono creazioni degli uomini. Pertanto, alcuni monti non sono stati visti sorgere dagli uomini, essendo precedenti alla creazione del primo uomo; altri, invece, sono stati visti nascere dagli uomini, anche se, dato il lunghissimo tempo trascorso dal loro apparire, non sempre l’umanità ne ha conservato memoria.
Viene così presentata da Rao un’interessante teoria delle catastrofi naturali, secondo la quale la terra assume la sua fisionomia in virtù dei terremoti, dei movimenti del mare e, più in generale, dei fenomeni atmosferici. Questi fenomeni – a dire di Rao – sono riconducibili, a loro volta, all’influenza degli astri, che concorre alla loro creazione. Le cause effettrici dei monti – dichiara Rao – sono di due tipi, alcune sono dette remote e universali, altre, prossime e particolari

Gli astri, certamente, sono da ritenersi cause del primo tipo, ossia remote. Tuttavia, soggiunge, le acque agitate, cause prossime e particolari, sono comunque mosse dalle stelle. Tra i corpi celesti, rivestono particolare importanza il sole e la luna. Nel testo, al moto della luna è attribuita la capacità di influenzare, oltre che le passioni «degli augelli, de’ cani, de’ lupi o d’altri animali», anche «il cervello de li uomini». È un punto sul quale Rao non si sofferma, anche perché, come dichiara, «bisogna che l’uomo di ciò cautamente parli».

Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale

La produzione di Cesare Rao è rappresentativa di importanti fenomeni in atto nel secondo Cinquecento. Il primo è quello dei volgarizzamenti delle dottrine scientifiche di Aristotele e, più nello specifico, della tradizione meteorologica peripatetica, che egli filtra tramite le acquisizioni della meteorologia kindiana. Rao partecipa a diversi dibattiti scientifici, come alla querelle sulle maree o alle discussioni relative alla necessità di ritornare all’autentica lezione di Tolomeo.
Un altro fenomeno al quale Rao partecipa è quello della creazione di un lessico filosofico e scientifico in lingua italiana. Questo sforzo è paragonabile, come sostiene nei Meteori, a quello che fece Cicerone traducendo il sapere greco in latino. Attraverso la creazione di un lessico scientifico volgare, Rao intende spiegare le cause razionali dei fenomeni meravigliosi ritenuti sovrannaturali dalle «persone rozze». Nella sua opera, il volgarizzamento delle arti liberali e delle scienze naturali, in particolare della meteorologia, assume perciò un preciso ruolo sociale: la lotta alla superstizione.

Da un punto di vista editoriale si rivelano assai fortunate Le argute e facete lettere, pubblicate per la prima volta nel 1562 e finite all’Indice nel 1593. Oltre a sedici edizioni differenti in lingua italiana (l’ultima è del 1622), esse avrebbero conosciuto anche una traduzione francese, Lettres facetieuses et subtiles a cura di Gabriel Chappuys, apparsa per la prima volta a Lione presso Antoine Tardiff nel 1584 e poi a Rouen nel 1610.

 Bibliografia di Cesare Rao

  • Sollazzevol Convitodel Raho, nel quale si contengono molti leggiadri motti, et piacevoli ragionamenti. Di nuovo Ristampato, in Pavia, Appresso Girolamo Bartoli, 1562.
  • L’argute, e facete letteredi Casare Rao di Alessano Metropoli Città della Leucadia. Nella quali si contengono molti leggiadri Motti, e sollazzevoli Discorsi, In Bressa, Appresso Lisandro Bozzola, 1562.
  • De Eloquentiae laudibusChaesaris Rahi Alexanensis Philosophi Oratio, Neapoli, Apud Oratium Salvianum, 1577.
  • Dell’origine de’ Monti.Opera di Cesare Rao di Alessano. All’illustre Sig. Don Scipione de’ Monti. Con licenza de Superiori, In Napoli, Appresso Oratio Salviani, 1577.
  • Meteoridi Cesare Rao di Alessano Città di Terra d’Otranto. I quali contengono quanto intorno a tal materia si può desiderare. Ridotti a tanta agevolezza, che da qual si voglia, ogni poco negli studi esercitato, potranno facilmente e con prestezza esser intesi, In Venetia, Appresso Giovanni Varisco et Compagni, 1582, [In Venetia, Appresso Giovanni Varisco et Compagni, 1581].
  • Invettive, Orationi, et Discorsidi Cesare Rao di Alessano Città di Terra d’Otranto, fatte sopra diverse materie, et à diversi personaggi: dove si riprendono molti vitij, et s’essortano le persone all’essercitio delle virtù morali, et alle scienze, et arti liberali. Con privilegio, In Vinegia, Appresso Daminano Zenaro, 1587.
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